Con la legge n. 76/2016, detta legge Cirinnà, il nostro legislatore, su sollecitazione della Corte Costituzionale e per adeguare la normativa nazionale alle numerose pronunce giurisprudenziali sull’argomento ed ai principi dettati dalla Convenzione Europea dei diritti umani, con riguardo al diritto al rispetto della propria vita familiare (art. 8) ed al diritto di sposarsi e formare una famiglia (art. 12), ha introdotto l’istituto delle unioni civili.
La ratio di fondo della normativa è che le unioni omosessuali caratterizzate da stabile convivenza rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2 Cost., in quanto formazioni sociali nelle quali si esplica la personalità dell’individuo e, pertanto, sono suscettibili di regolamentazione.
L’istituto si applica solo ed esclusivamente alle unioni tra persone dello stesso sesso, poiché il legislatore ha ritenuto che le unioni omosessuali non potessero essere equiparate al matrimonio, in virtù di un’interpretazione restrittiva dell’art. 29 Cost., che si riferirebbe invece, secondo la predetta, solo alle unioni tra persone di sesso differente.
Dalle unioni civili e dal matrimonio si distingue, poi, la “convivenza di fatto”, la quale trova nella medesima legge Cirinnà una propria parziale regolamentazione e si applica alle coppie eterosessuali o omosessuali che non intendono contrarre matrimonio od un’unione civile.
Presupposti imprescindibili per addivenire ad un’unione civile sono:
• la identità di sesso;
• la maggiore età dei contraenti.
Diversamente dal matrimonio non è possibile rilasciare l’autorizzazione all’unione civile al minorenne che abbia compiuto gli anni sedici.
L’unione civile si costituisce mediante dichiarazione rilasciata dalle parti all’ufficiale di Stato Civile, in presenza di due testimoni.
L’unico caso di costituzione automatica dell’unione è quella tra due coniugi, nel caso in cui vi sia stata sentenza di rettificazione anagrafica di sesso per uno dei due, e gli stessi non vogliano sciogliere il matrimonio.
Dopo aver ricevuto la dichiarazione l’ufficiale di stato civile compilerà l’atto di unione civile e lo registrerà nell’archivio di Stato Civile.
La dichiarazione delle parti, diversamente da quanto accade per il matrimonio, non deve essere preceduta dalle pubblicazioni. Ciò perché il legislatore probabilmente ha voluto superare un istituto diventato ormai anacronistico e non perché sussistano differenze sostanziali.
Le parti al momento della dichiarazione di volersi unire civilmente potranno anche scegliere se mantenere ciascuna il proprio cognome ovvero assumerne uno comune che potrà essere utilizzato solo in costanza di unione.
Sono cause ostative alla costituzione di un’unione civile:
• la sussistenza di un precedente matrimonio o di una unione civile di una o entrambe le parti;
• la sussistenza di un vincolo di parentela o affinità;
• l’interdizione di una delle parti per infermità di mente;
• la condanna definitiva di uno dei contraenti per omicidio tentato o consumato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.
Quanto al regime patrimoniale dell’unione civile analogamente al matrimonio la regola è rappresentata dalla comunione dei beni, per derogare alla quale è necessaria apposita dichiarazione al momento della dichiarazione di unione.
Le parti potranno optare per il regime della separazione dei beni ovvero per altri regimi convenzionali che dovranno essere trascritti ed annotati a margine dell’atto di unione civile.
Dalla unione civile derivano diritti e doveri reciproci, per ciascuna delle parti della stessa, secondo il modello matrimoniale, ma con alcune diversità.
In particolare, anche per le unioni civili, come per il matrimonio, il legislatore ha previsto che all’interno della coppia le parti abbiano gli stessi diritti e doveri e siano, quindi, in posizione di parità.
Come nel matrimonio, dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale ed alla coabitazione. Inoltre, ciascuna parte dovrà contribuire ai bisogni comuni proporzionalmente alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo.
Il legislatore del 2016 rispetto a quello del codice civile del 1942 ha sostituito, si ritiene volutamente, la locuzione “o” con la congiunzione “e”, lasciando pertanto intendere che la contribuzione dovrà essere proporzionale, ma paritaria nell’ambito della coppia, sia per il lavoro esterno che per quello domestico.
Le parti dell’unione civile dovranno fissare una residenza comune, nonché un indirizzo di vita di coppia comune ed avranno entrambe l’obbligo di attuarlo.
Diversamente rispetto al matrimonio eterosessuale non è previsto l’obbligo reciproco di fedeltà. È possibile che il legislatore lo abbia ritenuto superato con riferimento all’aspetto meramente sessuale e lo abbia ritenuto inquadrabile nell’ambito di un più generale dovere di rispetto e fiducia sussumibile nel già previsto dovere di assistenza morale e materiale.
Ciascuna parte dell’unione civile acquista diritti successori sul patrimonio dell’altra, rientrando nella categoria dei legittimari di cui all’art. 536 c.c.
Nell’ipotesi in cui il rapporto tra le parti entri in crisi si potrà addivenire allo scioglimento dell’unione civile per volontà di una o entrambe le parti.
Nel primo caso la parte che intende chiedere lo scioglimento dovrà fare una dichiarazione all’ufficiale di stato civile e decorsi tre mesi potrà presentare, tramite un proprio legale, un ricorso contenente la domanda di scioglimento al Tribunale del luogo ove il convenuto ha la residenza o il domicilio. Il Presidente del Tribunale fisserà l’udienza di comparizione delle parti dinanzi a sè e tenterà la conciliazione. Se quest’ultima riuscirà verrà redatto processo verbale; in caso contrario emetterà un’ordinanza con i provvedimenti provvisori ed urgenti e rimetterà la causa al Giudice istruttore per la determinazione dell’assegno di mantenimento, se richiesto. Verrà in ogni caso emessa una sentenza non definitiva relativa allo scioglimento dell’unione civile.
Nell’eventuale determinazione dell’assegno il Giudice dovrà tenere conto di diversi fattori, tra cui la condizione reddituale delle parti, il contributo fornito da ciascuno nella conduzione della vita in comune anche in relazione alla durata della stessa, la capacità lavorativa della parte economicamente più debole.
Nel caso in cui entrambe le parti vogliano sciogliere l’unione civile e siano d’accordo sulle condizioni potranno presentare congiuntamente il ricorso di cui sopra al medesimo Tribunale territorialmente competente.
L’unione si scioglierà automaticamente per la morte di una delle parti, nonché, altresì, nelle ipotesi previste dall’art. 3, numeri 1 e 2, lettere a, c, d ed e della legge sul divorzio.