L’art. 10 della legge m. 69/2019 (Codice Rosso) ha introdotto il nuovo art. 612 ter c.p., che disciplina la illecita diffusione di immagini o video sessualmente espliciti.
La novità legislativa si è resa necessaria per colmare un vuoto di tutela normativa, poiché la condotta che oggi espressamente è prevista dalla legge come reato non rientrava in alcuna fattispecie criminosa.
La nuova norma prevede due diversi tipi di condotte.
La prima è quella di chi, dopo aver realizzato le immagini od i video a contenuto sessualmente esplicito e destinati a rimanere privati, o dopo averli sottratti, li invia, li cede, li pubblica o li diffonde senza il consenso della persona rappresentata.
La seconda è quella di chi, avendo acquisito o comunque ricevuto le immagini od i video in questione, li invia o li diffonde senza il consenso delle persone coinvolte ed al fine di recare loro nocumento.
In entrambi i casi il comportamento penalmente rilevante consiste nella divulgazione e diffusione delle immagini o dei video, che devono avere un contenuto “sessualmente esplicito”. Ciò significa che il loro oggetto deve consistere in atti sessuali evidenti, di qualunque tipo, i quali non devono essere semplicemente allusivi.
Le immagini ed i video, inoltre, devono essere stati realizzati a scopo privato e non divulgativo, cioè non essere destinati alla visione di terzi.
La condotta diffusiva deve, poi, essere posta in essere senza il consenso delle persone rappresentate. Ciò non significa che vi debba essere un espresso dissenso, essendo sufficiente che la divulgazione avvenga a loro insaputa.
Tale interpretazione trova il suo fondamento nella ratio della norma, che punisce la pubblicazione di contenuti media o video ab origine destinati a rimanere privati. Va da sé, pertanto, che la divulgazione contrasti con la loro stessa natura e che, affinché la condotta non integri il reato, debba, anzi, sussistere a contrario un espresso consenso.
Le due ipotesi, previste rispettivamente dal 1 e dal 2 comma dell’art. 612 ter, si differenziano per la diversità di soggetto attivo, cioè di autore del reato.
Nel primo caso, infatti, l’autore dell’illecito è chi ha realizzato materialmente le immagini ed i video o li ha sottratti, mentre nel secondo chi li ha ricevuti o comunque acquisiti senza aver partecipato alla realizzazione.
È, ad esempio, l’ipotesi, non certamente di scuola, di colui che acquisisce un video rappresentativo di atti sessuali tra l’amico e la fidanzata e per goliardia o altro motivo lo diffonde, inviandolo su chat di whatsapp o tramite altri strumenti di diffusione o comunicazione, non ultimi i social.
Ulteriore differenza tra le due fattispecie di reato è la diversità del dolo richiesto dalla norma, generico nel primo caso, specifico nel secondo, essendo necessario che vi sia in capo al reo la volontà di recare nocumento, cioè di cagionare un danno alle persone rappresentate. La genericità della locuzione fa pensare che le finalità della diffusione possano essere le più disparate, ma che, comunque, rimangano estranee alla criminalizzazione comportamenti del tutto privi di finalità nocive.
Per entrambe le fattispecie, la pena prevista è la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 mila euro.
Il legislatore ha voluto tutelare con maggior intensità le vittime del reato, prevedendo un aumento di pena fino ad un terzo, quando l’autore ne sia il coniuge, anche separato o divorziato, o persona legata da relazione affettiva, nonché quando la diffusione avvenga tramite strumenti informatici o telematici.
Un’ulteriore protezione di carattere deterrente è connessa alla particolare natura della persona offesa. Quando quest’ultima è persona in stato di inferiorità fisica o psichica o donna in stato di gravidanza, la pena sarà aumentata da un terzo alla metà.
Poiché l’interesse protetto dalla norma incriminatrice è privatistico, la punibilità è a querela di parte, ma la eventuale remissione della stessa potrà essere solo processuale, al fine di evitare pressioni dell’autore del fatto sulla persona offesa.
Per completezza si evidenzia che rimangono esclusi dalla previsione normativa gli atti diffusivi di immagini o video raffiguranti minori, ritenendo il legislatore che in tal caso siano configurabili più gravi reati (ad esempio quello di pedopornografia-art. 600 ter c. p.), così come risulterebbe dalla clausola di riserva con la quale si apre la norma esaminata.