Il reato di diffamazione è previsto e punito dall’art. 595 c.p.
Esso consiste nel fatto di chi “comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”. La pena prevista per la fattispecie base è la reclusione fino a un anno o la multa fino a milletrentadue euro.
Che cosa significa offendere l’altrui reputazione?
Con tale espressione il legislatore ha voluto sanzionare tutti quei comportamenti ed in particolare quelle affermazioni che ledono l’onore ed il decoro di una persona, sia dal punto di vista soggettivo, della percezione che si ha di se, sia oggettivo, della percezione dei terzi.
Il reato si configura, quindi, in presenza di espressioni lesive della dignità umana, professionale o morale di una persona determinata o determinabile.
È necessario, affinché il reato sia integrato, che l’offesa di cui sopra sia comunicata a più persone, almeno 2, in assenza dell’interessato.
L’avvento di internet, dei vari social network e chat di comunicazione, ha portato, a seguito del verificarsi di casi concreti, la dottrina e la giurisprudenza ad interrogarsi sulla commissibilità del reato in questione in particolare tramite Facebook.
La giurisprudenza dominante ha precisato in più occasioni che il contenuto offensivo è tale implicitamente a prescindere dallo strumento attraverso il quale viene veicolato.
Facebook costituisce idoneo e concreto veicolo di diffusione del messaggio diffamatorio a più persone.
Pertanto, nel caso in cui tramite un post sulla propria bacheca personale si diffondano, anche solo potenzialmente, contenuti denigratori dell’altrui reputazione il reato sarà integrato e potrà essere applicata l’aggravante prevista dal comma 3 dell’art. 595 c.p., che punisce con la pena più grave della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro chi abbia recato l’offesa col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità.
Con riferimento a Facebook l’opinione giurisprudenziale è uniforme nel ritenere che il social non possa essere assimilato alla stampa, ma sicuramente è un mezzo di pubblicità.
A nulla rileva ai fini della sussistenza del reato che la privacy del post sia stata impostata sulla visione da parte dei soli amici, perché comunque vi è pur sempre una diffusione dello stesso ad un numero di persone superiore ad uno. La diffusione non sarà tale solo se il messaggio verrà inviato in via privata ad un singolo individuo.
A nulla pure rileva che il destinatario dell’offesa non sia menzionato con nome e cognome, essendo sufficiente che costui sia identificabile dalla descrizione fornita dal reo.
Che rilievo penale può avere la condivisione di un post diffamatorio?
È innegabile che quando si condivide sulla propria bacheca un messaggio diffamatorio scritto da altri si concorre nel reato di diffamazione, poiché è pacifico che in tal modo se ne espanda la conoscenza. Ciò avviene anche qualora la condivisione sia stata fatta con l’intento di difendere il soggetto diffamato.
In tal caso, ovviamente, bisognerà valutare lo specifico caso concreto, ma, in astratto, il reato potrebbe comunque essere integrato.
Anche il commento ad un post diffamatorio altrui, qualora se ne faccia propria adesivamente la propagazione lesiva dell’altrui reputazione può integrare il reato in questione.
Parimenti, il commento autonomo, che abbia carattere diffamatorio, ad un altrui post non offensivo, determinerà l’integrazione del reato.
Più delicato è il discorso con riguardo al semplice like o “mi piace” ad un messaggio diffamatorio.
Il like, infatti, molto spesso viene rilasciato con superficialità e comporta un momento volitivo meno intenso.
Pur tuttavia anche il “mi piace” favorisce la diffusione del messaggio diffamatorio, seppur sulla sola home e per un periodo ridotto.
Allo stato la giurisprudenza non ha ancora avuto modo di pronunciarsi, anche se sono noti due casi di rinvio a giudizio per diffamazione aggravata a seguito di like a post offensivi altrui su Facebook.
In conclusione, anche l’attività su Facebook, che molto spesso viene svolta con leggerezza, può comportare gravi responsabilità penali.