L’indennità di accompagnamento è un sostegno economico erogato dall’INPS, destinato alle persone che, a causa di gravi condizioni fisiche o mentali, non siano in grado di muoversi autonomamente o di svolgere le normali attività quotidiane senza l’aiuto costante di un’altra persona. Non deve trattarsi di un semplice disagio o di una difficoltà parziale, ma di un’incapacità effettiva e permanente, dalla quale derivi la necessità di assistenza continua.
Per ottenere questa prestazione è necessario presentare una domanda all’INPS, corredata da un certificato medico che descriva in modo preciso la situazione sanitaria del richiedente.
Nel caso in cui l’INPS, dopo aver sottoposto a visita medico legale il richiedente, respinga la domanda è possibile intervenire, qualora si ritenga che il rigetto sia infondato, presentando con il patrocinio di un legale, un ricorso per accertamento tecnico preventivo (ATP) al Tribunale del luogo in cui l’interessato ha la residenza.
Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, nominerà un proprio consulente tecnico d’ufficio che valuterà la sussistenza del requisito sanitario per l’ottenimento della prestazione.
Il ricorso deve essere presentato entro il termine perentorio di 6 mesi dalla comunicazione del verbale di rigetto.
Prima della presentazione del ricorso è opportuno che il richiedente, con l’ausilio del proprio difensore, chieda un parere ad un proprio medico legale, che rilasciato in forma scritta potrà essere allegato al ricorso.
Il richiedente, altresì, potrà preventivamente sottoporsi a visita fisiatrica con valutazione funzionale, in modo da corroborare ulteriormente la propria domanda giudiziale.
In caso di accertamento giudiziale positivo, il Giudice pronuncerà un decreto, con il quale omologherà il requisito sanitario, indicando anche il termine a partire dal quale l’indennità di accompagnamento dovrà essere erogata dall’INPS.
In caso di accertamento giudiziale negativo, qualora l’interessato intenda contestarlo, dovrà essere instaurato un giudizio di merito.