Il reato di truffa è previsto e punito dall’art. 640 c.p.
Esso consiste nel fatto di chi, mediante artifici e raggiri, induce taluni in errore, procurando a se od altri un ingiusto profitto.
L’avvento di internet ha sicuramente ampliato le possibilità di commissione di tale reato, rendendo più semplice porre in essere la condotta descritta dalla norma incriminatrice.
In talune occasioni la giurisprudenza ha dovuto affrontare situazioni nelle quali il comportamento truffaldino consisteva nel mentire alla vittima circa i propri sentimenti, fingendo di provare amore, al fine di ottenere delle somme di denaro.
La giurisprudenza più recente, sia di merito che di legittimità, ritiene che il reato possa essere integrato ogniqualvolta la menzogna circa i propri sentimenti si affianchi ad un’attività volta fin dall’inizio a far scambiare il falso con il vero, incidendo sulla psiche del soggetto.
In un caso particolare, affrontato anche alla Corte di Cassazione in una recente sentenza del 6 giugno 2019, n. 25165, l’autore del reato aveva intrapreso una relazione sentimentale con una donna molto più grande di lui. Le aveva, quindi, mentito, ingannandola, sui propri sentimenti e le aveva prospettato la possibilità di progettare e costruire una vita di coppia anche attraverso l’acquisto di un immobile, per il quale si era fatto versare un’ingente somma di denaro.
In tal caso, la Suprema Corte ha evidenziato che il reato è integrato non per l’inganno sentimentale in sè, ma perché lo stesso era stato portato avanti ab origine con la mera intenzione di prospettare alla vittima una falsa rappresentazione della realtà, inducendola in errore al solo fine di ottenere il denaro.
Nella fattispecie esaminata l’attività truffaldina era stata realizzata nell’ambito di una relazione reale, anche se con l’avvento delle nuove tecnologie e l’enorme diffusione dei social network e siti d’incontro, è possibile che gli artifici e raggiri vengano posti in essere on line.
Sul punto l’orientamento giurisprudenziale è unanime nel ritenere che per l’integrazione del reato di truffa non sia necessaria l’idoneità in astratto dei mezzi usati, dovendosi invece valutare se in concreto essi si siano rivelati idonei a trarre in errore.
Ecco allora che il reato in esame potrà essere realizzato anche attraverso il reperimento sui profili personali dei social network di informazioni riguardanti la vittima, che consentano di avvicinarla e di far leva su una falsa comunanza di interessi, nonché di creare un rapporto confidenziale, sebbene virtuale.
In tal modo gradualmente si incide sulla psiche della vittima con una vera e propria manipolazione mentale, che risulta essere poi la causa di dazioni di denaro, avendo l’attività delittuosa consentito di far apparire vera una falsa rappresentazione della realtà, nello specifico, la sussistenza di una relazione sentimentale, in assenza della quale le elargizioni non sarebbero state effettuate.
Anche in tale ipotesi la condotta sommariamente descritta potrà avere per l’autore conseguenze penali, eventualmente anche una condanna, mentre la persona offesa potrà, se del caso, tutelare i propri diritti mediante la costituzione di parte civile nel processo a carico del reo.