Con la locuzione “violenza assistita” ci si riferisce a quella forma di violenza domestica che viene perpetrata nei confronti di minori costretti ad assistere ad atti di maltrattamenti rivolti ai danni di un genitore da parte dell’altro ovvero tra soggetti a lui legati affettivamente, adulti o minori.
Si parla di violenza assistita anche quando la violenza non avviene di fronte al minore, ma lo stesso ne percepisce comunque gli effetti, con ripercussioni di carattere relazionale e psicologico.
Dal punto di vista normativo il primo riferimento a tale tipologia di violenza è contenuto nella Convenzione di Instanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne dell’11 maggio 2011.
Nel nostro ordinamento l’istituto verrà introdotto sulla scia della predetta Convenzione con il D.L. n. 93/2013, convertito nella legge n. 119/2013, la quale modificherà il codice penale, prevedendola quale circostanza aggravante comune nell’art. 61, comma 1, n. 11 quinques c.p., nonché quale circostanza aggravante specifica del reato di maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p.
In entrambi i casi il legislatore considera aggravata la fattispecie base di reato allorchè il fatto, sia esso un delitto non colposo contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale, ovvero il delitto di maltrattamenti in famiglia, sia commesso in presenza o in danno di un minore di anni 18 ovvero in danno di persona in stato di gravidanza.
La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la circostanza sussista ogniqualvolta il minore assista alle violenze fisiche, verbali, psicologiche ai danni della persona offesa (genitore o comunque persona legata da relazione affettiva, adulta o minore), subendo ripercussioni di carattere comportamentale, psicologico, fisico, sociale e cognitivo ovvero quando, pur non assistendovi direttamente, ne percepisca comunque gli effetti con le medesime ricadute.
E’, altresì, necessario che l’autore della violenza diretta sia consapevole delle ripercussioni che la sua condotta può generare e sta generando sul minore, spettatore suo malgrado, e che tale consapevolezza sia declinazione di trascuratezza e violazione dei più elementari bisogni affettivi, educativi, nonché inadempimento degli obblighi educativi e di cura di cui agli artt. 30 Cost. e 147 C.c.
In ragione di ciò la condotta dell’autore del reato può anche incidere, nel caso in cui, gli attori principali siano i genitori del minore sul regime di affidamento dello stesso ovvero sulla responsabilità genitoriale.
Specificatamente il Giudice potrà disporre l’affido esclusivo del minore al genitore vittima diretta delle violenze (allorché risulti ovviamente avere adeguata capacità genitoriale), derogando alla regola della bigenitorialità e dell’affido condiviso, al fine di tutelare e soddisfare il preminente interesse del minore ad un equilibrato e sano sviluppo psico fisico, in base a quanto stabilito all’art. 3 dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e potrà, altresì, prevedere limitazioni dell’esercizio della responsabilità genitoriale, in ragione del comportamento pregiudizievole al minore tenuto dal genitore responsabile del comportamento delittuoso.